Il Tribunale di Bari con l’ordinanza  del 16.6.2022 ha ammesso una società alla messa alla prova in considerazione che l’applicazione dell’istituto de quo  non determina alcuna violazione dei principi di tassatività e di riserva di legge tantomeno di analogia in quanto, come osserva il Tribunale: “l’applicazione analogica dell’istituto della messa alla prova non contrasta col principio di tassatività  della legge penale, poiché è in bonam partem  attribuendo ulteriori chances difensive all’ente- imputato, che, tramite la volontaria  sottoposizione a un programma  trattamentale, ben potrebbe sottrarsi al giudizio ordinario e quindi alla eventuale applicazione  di sanzioni anche afflittive”.

Il divieto di analogia difatti opera solo quando  genera effetti  sfavorevoli per l’imputato, in virtù della ratio  del principio di legalità – di cui il principio di tassatività  costituisce  corollario – volto a garantire la libertà personale del cittadino  a fronte di possibili arbitri  del potere esecutivo e giudiziario.

L’ordinanza prosegue evidenziando altresì come non vi sia incompatibilità tra l’istituto della messa alla prova e le finalità del  d.lgs.n.231/01, individuate non nella retribuzione fine a se stessa,  ma nella prevenzione speciale in chiave rieducativa: “si vuole indurre l’ente  ad adottare  comportamenti riparatori  dell’offesa che consentono il superamento  del conflitto sociale instaurato con l’illecito, nonché idonei, concreti ed efficaci modelli organizzativi  che incidendo strutturalmente  sulla cultura d’impresa, possano  consentirgli  di continuare  a operare sul mercato  nel rispetto della legalità  o meglio di rientrarvi con una nuova prospettiva di legalità” ( ne costituiscono un chiaro esempio  le disposizioni di cui agli artt.6,12 e 17 del dlgs 231/01).

Nella direzione dell’esclusione della messa alla prova dell’ente non vale neppure la circostanza per cui nei procedimenti speciali  questa non sia menzionata, circostanza che può essere interpretata tanto nel senso della volontà del legislatore di disporre l’integrale applicazione della disciplina, che verosimilmente di una mera svista legislativa.

Ed ancora l’ammissibilità della messa alla prova dell’ente non determina l’elusione dell’art.17 d.lgs. 231/01, atteso che l’ambito di applicazione della norma citata non coincide affatto con quello della messa alla prova.

Infine, in ordine alla necessità per l’ente di dotarsi di un modello organizzativo al fine di poter accedere alla messa alla prova i giudici di merito osservano come  la finalità rieducativa dell’ente  non sia pregiudicata tutte le volte in cui quest’ultimo di doti del Modello  prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, quand’anche ciò avvenga dopo la commissione del reato presupposto.