E’ prima di tutto il principio della riserva di legge ad escludere che l’istituto della messa al prova possa essere applicato agli Enti incolpati di un illecito previsto dal D.lgs. 231/2001: sostengono infatti le SS.UU. che “l’introduzione attraverso provvedimenti giurisprudenziali di un trattamento sanzionatorio (la MAP) ad una categoria di soggetti (gli Enti) non espressamente contemplati dalla legge penale si ponga in contrasto con il principio di legalità della pena, del quale la riserva di legge è corollario.

Neppure, proseguono le SS.UU., l’applicazione dell’istituto agli Enti potrebbe giustificarsi ricorrendo alla c.d. analogia in bonam partem, atteso che gli articoli 12 e 24 delle disposizioni preliminari al codice civile dispongono il divieto di analogia in materia penale, divieto che a maggior ragione trova applicazione al caso di specie, in cui si ipotizza l’innesto del “trattamento sanzionatorio penale” della messa alla prova in un sistema – quello della responsabilità amministrativa degli Enti derivante da reato –  che non solo non è assimilabile ad un sistema penale ma riguarda appunto soggetti “giammai indicati quali destinatari dei precetti penali” ( sul punto le SS.UU. richiamano anche l’art. 2 del D.lgs 231/2001, che rinvia espressamente al principio di legalità).

Ed ancora non potrebbe trovare applicazione l’interpretazione estensiva delle norme, operazione riferita alle sole ipotesi in cui il risultato interpretativo si mantenga all’interno dei possibili significati della disposizione normativa, situazione tuttavia non confacente alla fattispecie in esame.

Così come, sostengono le SS.UU., non meriterebbe apprezzamento la questione di costituzionalità dell’art. 168 bis c.p.p. sollevata dal difensore dell’Ente: la modulazione dell’istituto della MAP sull’imputato persona fisica emerge all’evidenza dalla mera lettura dell’art. 168 bis c.p., nella misura in cui, prescrivendo l’affidamento dell’imputato al servizio sociale per lo svolgimento di un programma avente ad oggetto la prestazione di lavoro di pubblica utilità, non può che riferirsi alla persona fisica.

Mentre non reggerebbe, secondo i giudici di legittimità, l’operazione ermeneutica secondo cui gli organi dell’Ente, in quanto investiti da un rapporto di immedesimazione organica, sarebbero equiparabili all’imputato persona fisica, in quanto ciò implicherebbe che questi si rieducassero per conto di un diverso soggetto.

Ed ancora secondo le SS.UU. il fatto che l’art. 168 ter c.p. non pregiudichi l’applicazione di sanzioni amministrative, pur in caso di esito positivo della prova, sarebbe l’ennesima dimostrazione che le sanzioni diverse da quelle penali non sono interessate dal percorso della MAP.

Da ultimo, lo stesso art. 67 del D.gs. 231/2001, nel prevedere le ipotesi in cui il Giudice pronuncia sentenza di non doversi procedere nei confronti dell’Ente, richiama esclusivamente i casi previsti dall’art. 60 e l’estinzione per la prescrizione della sanzione, sicchè, anche in caso di esito positivo della MAP, il Giudice non potrebbe comunque pronunciare sentenza di non doversi procedere ex art. 464 septies c.p.p., non essendo tale ipotesi prevista espressamente dalla citata dispozione.

Senza tralasciare di considerare poi che già sono previste del D.gs 231/01 forme di riparazione delle conseguenze da reato che rilevano tuttavia per l’Ente solo in relazione alla mancata applicazione di sanzioni interdittive e non già per l’estinzione di sanzioni pecuniarie.

Le conclusioni cui è giunta la Suprema Corte, pur se aderenti alla rigorosa applicazione dell’apparato normativo esistente, non soddisfano l’esigenza di giustizia sostanziale che ha indotto a più riprese ad ipotizzare l’accesso alla MAP anche per gli Enti.

Una soluzione, cui il legislatore dovrebbe pensare seriamente, è quella di introdurre una disciplina ad hoc per l’ente che intenda accedere alla sospensione del giudizio con messa alla prova e “guadagnarsi” l’esenzione dalla sanzione: senza dubbio dovrebbero essere ripensati quei profili dell’istituto che mal si attagliano alla natura giuridica dell’Ente; inoltre “risarcimento e riparazioni”, pensate per la persona fisica, dovrebbero essere aggiornati con la previsione di ulteriori adempimenti specifici per la persona giuridica.