A seguito della Delibera del CdA dell’Inail n. 313 del 6 dicembre 2022, è stato emanato l’Avviso pubblico ISI 2022 “Incentivi alle imprese per la realizzazione di interventi in materia di salute e sicurezza sul lavoro in attuazione dell’art. 11, comma 5, d.lgs n. 81/2008 e successive modificazioni e dell’art. 1, commi 862 e seguenti, della legge 28 dicembre 2015, n. 208”. I Destinatari dei finanziamenti sono “tutte le imprese, anche individuali, ubicate su tutto il territorio nazionale iscritte alla Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura”, mentre, tra i progetti ammessi al finanziamento, sono inclusi, per quanto in questa sede di maggiore interesse, i “Progetti di investimento Progetti per l’adozione di modelli organizzativi e di responsabilità sociale – Assi di finanziamento 1.1 e 1.2 Progetti per la riduzione del rischio da movimentazione manuale di carichi (MMC) – Asse di finanziamento 2 Progetti di bonifica da materiali contenenti amianto – Asse di finanziamento 3”. Sono stati previsti quali termini per l’apertura della procedura informatica per la compilazione della domanda il prossimo 2 maggio, mentre per la chiusura della procedura per la compilazione della domanda il 16 giugno 2023, ore 18:00.

L’intento nazionale è più che chiaro. Da una parte, incentivare le imprese a dotarsi di Modelli Organizzativi di Gestione e Controllo ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001, quali strumenti di prevenzione, finalizzati ad abbattere o quantomeno minimizzare il rischio, in particolare, di commissione del reato presupposto di cui all’art. 25-septies del predetto Decreto Legislativo (nel quale sono inclusi oltre che i delitti di omicidio colposo e lesioni personali colpose gravi e gravissime di cui, rispettivamente, agli artt. 589 e 590, c. 3 C.P. , anche le malattie professionali, causate sul luogo di lavoro o nello svolgimento dell’attività lavorativa) tramite l’adozione di Procedure ed Istruzioni Operative che, organizzando in maniera puntuale lo svolgimento di una determinata attività, individuino le responsabilità, le apparecchiature, i materiali e la sequenza delle operazioni da adottare.

Dall’altra, spingere i destinatari ad intervenire sui rischi specifici in materia di sicurezza mediante sistemi innovativi di verifica ed investimenti tecnologici, ad esempio nei seguenti campi: il rischio chimico, con l’acquisto e l’istallazione di impianti e cappe di aspirazione, cabine di verniciatura, sistemi di isolamento dell’operatore; il rischio rumore, con l’acquisto ed installazione di pannelli e schermi acustici; il rischio derivante da vibrazione meccaniche; il rischio caduta dall’alto, con l’acquisto e l’installazione di ancoraggi puntuali, flessibili/rigidi; la sostituzione e rottamazione di macchine obsolete, immesse sul mercato prima delle disposizioni di recepimento della Direttiva 98/37/CE o non obsolete, immesse sul mercato prima delle disposizioni di recepimento della Direttiva 2006/42/CE; il rischio incendio, sostituendo impianti elettrici installati prima della Legge n. 46/90 o sistemi di rivelazione e segnalazione d’incendio istallati prima del 1° gennaio 2010; la riduzione del rischio di intossicazione, asfissia, esplosione, con l’acquisto di sistemi di monitoraggio ambientale, sistemi per le ispezioni degli ambienti sospetti di inquinamento; gli interventi di rimozione e bonifica di materiali contenenti amianto, comprese le spese di rifacimento delle coperture, tra cui quelle con impianti fotovoltaici integrati od impianti solari.

A fronte di questa possibilità, annualmente, riconosciuta alle imprese, non possono non essere segnalati gli alti profili di rischio a cui le stesse possono incorrere (specie se i sistemi di prevenzione di cui al D.Lgs. n. 231/2001 non sono stati ancora adottati), per l’indebito utilizzo di questi contributi pubblici. Condotte che possono riverberarsi sia in una diversa dislocazione di questi fondi rispetto alle finalità per le quali sono stati erogati o, ancora, per la richiesta (e successivo ottenimento) delle sovvenzioni in assenza dei requisiti richiesti dalla normativa sia per una omessa o non diligente rendicontazione degli stessi, documenti che consentiranno al destinatario di dimostrare agilmente ed a contrario il loro corretto impiego.

Già negli scorsi anni, allorché lo Stato era intervenuto in occasione del periodo emergenziale legato alla pandemia da Covid-19, concedendo contributi a fondo perduto, la Guardia di Finanza (con Parere inviato il 10 maggio 2021 dall’Ufficio Legislativo del Ministero della Giustizia al MEF) aveva evidenziato che sarebbero potute derivare sia responsabilità di tipo amministrativo e penale a carico del legale rappresentante (e/o dei suoi delegati/procuratori), sia in materia di responsabilità amministrativa dell’ente, ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001.

Nel caso di specie, infatti, qualora la somma indebitamente percepita sia superiore a 3.999,96 Euro, risulterà integrata la fattispecie di cui all’art. 316-ter C.P. (Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato), reato-presupposto ex art. 24 del Decreto 231, ove venga accertata la responsabilità di un soggetto identificato quale vertice dell’Ente o di un soggetto sottoposto alla vigilanza dei vertici stessi e nel caso in cui la condotta sia stata posta in essere nell’interesse od a vantaggio dell’Ente interessato. Sarà dunque necessario accertare in capo ai predetti soggetti “l’utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero mediante l’omissione di informazioni dovute”.

Ancor prima dell’intervento della GdF, la giurisprudenza aveva già individuato la sussistenza della predetta fattispecie nella condotta del Datore di Lavoro che ha indebitamente ottenuto dall’INPS il conguaglio di contributi a titolo di indennità di malattia ed assegni familiari, in realtà, mai versate al lavoratore, “attraverso un’apparente esposizione di danaro” (Cass. n. 15989/2016 e Cass. 7594/2019). Ne consegue che, a prescindere dalla situazione contingente di sovvenzioni erogate una tantum dallo Stato, trattasi di un’area di rischio che va comunque esaminata nell’ottica della prevenzione, tipica delle finalità dell’indagine di risk-assesment, che precede l’adozione del MOGC 231.

Nell’ambito della redazione dell’Analisi di Rischio, non si potrà non tenere da conto il rapporto di sussidiarietà che sussiste tra la fattispecie di cui all’art. 640 bis C.P. (Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche) e quella di cui all’art. 316 ter C.P., come chiarito dalle Sezioni Unite della Cassazione sin dal 2007 (pronuncia n. 16568). Pertanto, qualora nella condotta siano ravvisabili anche l’organizzazione dolosa di artifici e raggiri idonei ad indurre in errore il soggetto passivo, al fine di conseguire “un ingiusto profitto con altrui danno”, oltre al verificarsi del danno stesso, la situazione sarebbe di certo molto più delicata. Infatti, anche l’art. 640 bis C.P. è previsto tra i reati-presupposto tassativamente elencati nell’art. 24 del D.Lgs. n. 231/2001.

Una delle prime pronunce assunte al riguardo dalla giurisprudenza di merito (Giudice Monocratico di Cosenza, sent. n. 1341, 3 dicembre 2008) si è risolta in una pesante condanna a carico dell’Ente, oltre che per il reato di cui all’art. 640 bis C.P., anche per quello di cui all’art. 640, comma 2, n. 1 C.P. (Truffa aggravata commessa ai danni dello Stato), anch’esso incluso nel catalogo di cui all’art. 24 D.Lgs. n. 231 ed anche per la fattispecie di frode fiscale ex art. 2, Legge n. 74/2000 (in allora non prevista tra i reati presupposto ed adesso inclusa nell’art. 25quindecies, comma 1, lett. a), avendo il Tribunale accertato la sussistenza di un atto dispositivo della banca concessionaria, a seguito di una realtà fattuale, falsa, costruita per conseguire mediante l’inganno la sovvenzione (fatture “gonfiate” ed altra documentazione esibita relativa al pagamento mediante assegni tra due diverse imprese, di cui una costituiva una mera “cartiera”). Non bastando il comportamento truffaldino del legale rappresentante, l’Ente imputato ha annotato nella contabilità le false fatture, utilizzate per documentare elementi passivi (costi rilevanti) nella dichiarazione dei redditi, con conseguente abbattimento dell’imponibile. La diversa società fittiziamente interposta non ha versato l’imposta sull’IVA, cui sarebbe stata tenuta per la vendita dei beni, procurando un conseguente danno patrimoniale in capo all’Erario. Gli importi relativi alle fatture false sono stati, inoltre, portati in compensazione dalla reale acquirente dalla fornitrice estera, quale credito d’imposta maturato per l’acquisto della merce ammessa al beneficio di cui alla L. n. 388/2000. Dal punto di vista soggettivo, l’interesse ed il vantaggio ottenuto dall’Ente sono stati provati e collegati all’indebito contributo ottenuto.

Sempre in tema di accertamento ed individuazione dell’elemento soggettivo della responsabilità amministrativa dell’Ente, come di recente evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità in un caso di Truffa ai danni dello Stato finalizzata a ottenere un cospicuo finanziamento in conto capitale in assenza delle condizioni, si dovrà escludere l’interesse per l’Ente, ove si riesca a dimostrare che il finanziamento illecitamente ottenuto sia stato immediatamente distratto a vantaggio esclusivo dei soci, non invece qualora non si possa escludere che la persona giuridica abbia, non solo indebitamente ottenuto detti capitali, ma li abbia anche utilizzati nell’ambito della propria attività (Cass. Pen. Sez. II, 23 aprile 2021, sent. n. 23300).

Come si vede dunque, all’interno di una organizzazione d’impresa, gli ambiti di applicazione e di prevenzione degli illeciti di cui al D.Lgs. n. 231/2001 sono molteplici. Da qui (e dalle notevoli conseguenze economiche e non solo che su un Ente potrebbero incombere) nasce l’esigenza di sensibilizzare le imprese e gli Enti in generale ad una concreta presa d’atto dell’esistenza di un sistema comportamentale di regole oggettive, concrete e precise all’interno delle quali muoversi. E’ questo obiettivo non può che essere ottenuto mediante l’adozione del Modelli di Organizzazione Gestione e Controllo, oltre che di altre Certificazioni volontarie (tra cui l’adozione di un Sistema di Gestione Integrato – ISO 9001 – ISO 14001 – ISO 45001, in materia di qualità, ambiente e sicurezza sul lavoro).

Si rammenta, peraltro che, l’unico strumento con il quale l’Ente potrà cercare di dimostrare l’assenza di colpa organizzativa sarà proprio non solo l’adozione, ma, soprattutto, la concreta attuazione di un MOGC idoneo e di un sistema di controllo interno efficiente, che consenta di intercettare l’omissione e/o la mendacità della richiesta del fondo pubblico/sovvenzione e permetta di revocare/modificare la richiesta prima dell’erogazione, dal momento che la sola presenza di una certificazione, ancorché inserita all’interno di un sistema di gestione integrato, non consente di ottenere lo stesso risultato, come ribadito dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. Pen., sez. VI, 13 settembre 2017, sent. n. 41768).

Le aree/funzioni aziendali maggiormente esposte al rischio sono quelle che si occupano della partecipazione a procedure per l’ottenimento di erogazioni, contributi o finanziamenti da parte di organismi pubblici italiani o comunitari. Sarà pertanto necessario, nell’ambito della redazione di un Modello 231, prevedere ed organizzare: (a) delle Procedure e dei Controlli inerenti la completezza e correttezza della documentazione da presentare (documentazione di progetto e documentazione attestante i requisiti tecnici, economici e professionali dell’Ente che presenta la richiesta); (b) verifiche incrociate circa il concreto utilizzo dei fondi ottenuti e, soprattutto, sulla circostanza che le sovvenzioni vengano impiegate per la finalità/obiettivi per i quale sono state erogate; (c) stabilire la tipologia di documentazione da impiegare per una corretta rendicontazione, la conservazione e tenuta della documentazione stessa; (d) stabilire quale sia la funzione aziendale competente alla richiesta di erogazione pubblica e la funzione designata a gestire le risorse per la realizzazione dell’iniziativa dichiarata ed il monitoraggio sull’avanzamento del progetto realizzativo, con evidenza e gestione delle eventuali anomalie (ciò, in particolare, se il progetto/bando a cui si è partecipato preveda una scadenza di utilizzo dei fondi e di rendicontazione); (e) verificare se le funzioni aziendali designate abbiano i necessari poteri (di rappresentanza, di spesa), in relazione ai compiti assegnati oppure conferire le necessarie deleghe/procure speciali, al fine di  esonerare il legale rappresentante della eventuale responsabilità penale derivante dall’ipotetica commissione dei predetti fatti di reato.

I benefici che gli Enti possono trarre dai contributi pubblici recentemente previsti e le gravi conseguenze che da un impiego indebito e/o scorretto degli stessi potrebbero derivarne, devono sollecitare gli Enti a dotarsi, quanto prima possibile, di un Modello Organizzativo di Gestione e Controllo atto a prevenire la commissione dei reati-presupposto annoverati dal Decreto Legislativo 231 o, quantomeno, a mitigarne le conseguenze. Per le predette possibili aree di rischio e sui presidi da adottare, Generazione231 è a disposizione per utili confronti e spunti, stanti le finalità statutaria di crescita dell’etica e della legalità d’impresa.