In tema di responsabilità degli enti ex D. Lgs. 231/2001 e messa alla prova, la Quarta Sezione dei giudici di legittimità hanno sottoposto alle Sezioni Unite la seguente questione: «se il procuratore generale sia legittimato ad impugnare, con ricorso per cassazione, l’ordinanza che ammette l’imputato alla messa alla prova ai sensi dell’art. 464-bis cod. proc. pen. nonché, e, in caso affermativo, per quali motivi, la sentenza di estinzione del reato pronunciata ai sensi dell’art. 464-septies cod. proc. pen.».
Secondo l’informazione provvisoria n. 17 del 27/10/2022 diffusa dalla Suprema Corte, al quesito è stata data la seguente soluzione: “il procuratore generale è legittimato, ai sensi dell’art. 464-quater, comma 7, c.p.p., ad impugnare l’ordinanza di ammissione alla prova (art. 464-bis, c.p.p.) ritualmente comunicatagli ai sensi dell’art. 128 c.p.p.
In conformità a quanto previsto dall’art. 586 c.p.p., in caso di omessa comunicazione dell’ordinanza è legittimato ad impugnare quest’ultima insieme con la sentenza al fine di dedurre anche motivi attinenti ai presupposti di ammissione alla prova.
L’istituto dell’ammissione alla prova (art. 168-bis c.p.) non trova applicazione con riferimento agli enti di cui al d. lgs. n. 231 del 2001».
Dunque, dopo esser stata più volte dibattuta la possibilità di ammettere o meno l’Ente all’istituto della messa alla prova (sul punto vedi Generazione 231 del 27 giugno 2022) le Sezioni Unite della Cassazione hanno posto fine, di fatto, al contrasto giurisprudenziale sulla compatibilità dell’istituto deflattivo alla persona giuridica.