Ai fini della sussistenza del reato di caporalato è sufficiente l’oggettiva condizione di sfruttamento  desumibile, ad esempio, dal salario corrisposto ai lavoratori.

Con questa motivazione la Corte di Cassazione, con sentenza n. 34937 del 21 settembre 2022, ha rigettato il ricorso di un imprenditore del settore tessile che aveva impiegato illecitamente nella propria azienda tredici operai.

 

In buona sostanza, i lavoratori venivano sottoposti a condizioni di sfruttamento lavorativo, collegato al loro stato di bisogno, essendogli corrisposta una retribuzione di gran lunga inferiore a quella fissata dai contratti collettivi del settore e con orario di lavoro di circa 8-9 per giornaliere. Inoltre, i lavoratori venivano sottoposti a condizioni di alloggio degradanti e non conformi alle regole igieniche essenziali.

 

La Corte di Cassazione ha, quindi, evidenziato la situazione di sfruttamento dei lavoratori, riconducibile “all’applicazione di condizioni di lavoro palesemente inosservanti della disciplina di legge e di contratto in relazione al salario pattuito e corrisposto, durata dell’orario di lavoro, regime del lavoro straordinario e festivo alle condizioni degli alloggi e degli ambienti di lavoro (…) e condizione di bisogno, comune a tutti i lavoratori impiegati, stante la necessità di acquisire le risorse minime indispensabili per sopravvivere in un altro continente”.

 

Inoltre, i giudici di legittimità hanno analizzato il profilo della determinazione della confisca obbligatoria, ed hanno evidenziato come, nei gradi di merito il profitto del reato era stato calcolato in modo dettagliato sulla base dello stipendio medio di ciascun operaio, in base a contratti nazionali.