Il nuovo Codice degli Appalti, entrato in vigore il 1° aprile 2023 ed efficace dal 1° luglio 2023, pur sembrando, ad un prima lettura, virtuosamente ispirato alla riorganizzazione sistematica della materia, all’estensione della digitalizzazione all’intero ciclo di vita dell’appalto ed alla centralità dei principi di risultato e di fiducia, pare appiattirsi troppo sul concetto di semplificazione.

Invero, non sempre alla semplificazione della norma equivale la semplificazione delle procedure, le quali potrebbero invero complicarsi a fronte di un impianto normativo carente.

Il dubbio, più che legittimo, è che si debba far fronte, contestualmente alla riduzione delle regole ed all’aumento della discrezionalità per le stazioni appaltanti, anche ad un incremento del rischio di irregolarità nelle procedure di gestione e di controllo.

Se da un lato, infatti, la standardizzazione ridurrà l’aleatorietà di gestione dell’iniziativa (che potrà contare su framework di processi strutturati e ripetibili), dall’altro potrà aumentare il rischio che gli Enti, a causa dell’eccessiva discrezionalità, finiscano per adottare prassi e regolamenti differenti.

Ancora, la previsione della categoria del subappalto a cascata porta con sé il rischio che venga erosa la capacità di controllo sulle opere, a vantaggio di logiche illegali e di sfruttamento, in grado di incidere in senso negativo anche sulla qualità delle opere e sulla sicurezza nei luoghi lavoro.

Si accoglie comunque con favore il coinvolgimento di ANAC anche nella fase esecutiva: ciò garantirà ausilio e sostegno alle stazioni appaltanti attraverso la predisposizione di “contratti-tipo” generalmente intesi (a titolo esemplificativo, bandi-tipo, documenti-tipo, atti già pronti) cui le amministrazioni potranno attingere.

In sostanza, una forma vigilanza c.d. collaborativa, efficace strumento di prevenzione e di promozione di buone pratiche per la risoluzione tempestiva dei problemi, con garanzia di legalità.

Da ultimo, merita un cenno anche la nuova figura del RUP che, coerentemente con il nuovo contesto delineato dal principio del risultato, da responsabile del “procedimento” diviene “Responsabile Unico di Progetto” o, in altri termini, responsabile unico “dell’intervento pubblico” complessivamente inteso; non sembra tuttavia vi sia stato un approfondimento sulla formazione di tale figura, di cui infatti la normativa non delinea chiaramente i requisiti professionali.

Alleghiamo la prima nota di commento dell’ANCI.

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